Di allergia ed intolleranza alimentare si parla frequentemente. Mal di testa, gonfiore addominale e non risposta alle diete vengono interpretati come segno di intolleranze. L’incidenza di queste due relazioni avverse agli alimenti sembra crescere velocemente, almeno 2 italiani su 10 sembra soffrirne. E’ davvero così? Si sente spesso parlare di allergie ed intolleranze alimentari. L’attenzione sull’argomento cresce, sopratutto quando si parla di alimenti. Consumo quotidiano: latte, uova, frutta. La percezione di malattia che si ha è, però, sovrastimata rispetto ai dati reali, infantili 20% degli italiani si sente affetto da allergia alimentare, ma in realtà la percentuale è più bassa. 5-7% nei bambini e 1-2% negli adulti. Prima di approfondire l’argomento, è necessario inquadrare le due malattie, onde evitare equivoci da fondo. Le allergie le intolleranze alimentari non sono la stessa cosa. L’allergia è una reazione avversa agli alimenti, causata da un’anomala reazione di una speciale classe di anticorpi: le Igl, che reagiscono in maniera anomala a componenti alimentari proteiche. L’intolleranza, invece, è determinata a una carenza di enzimi e recettori e non si ha il coinvolgimento delle IgE. A differenza delle intolleranze, un’allergia alimentare non si manifesta alla prima occasione di contatto col cibo, ma alla riesposizione successiva ad un dato alimento. Le IgE si legano ad uno speciale tipo di cellule, i masticati, presenti nel naso, gola, bronchi, polmoni, pelle, tratto grastrointestinale. E in queste sedi che compare la sintomatologia allergica, dopo aver consumato il cibo incriminato. Orticaria, prurito, diarrea, nausea, vomito, rinite, asma, edensa della laringe sono i sintomi più frequenti.
A volte si possono scatenare manifestazioni gravi, fino allo shock analettico.
Le allergie sono molto più frequenti. Nei bambini con meno di tre anni, perché i sistemi gastrointestinale e immunitario non sono pienamente efficienti. Dopo i tre anni con la maturazione di entrambi i sistemi, gran parte delle allergie regredisce. Esiste una predisposizione familiare a sviluppare qualunque tipo di reazione allergica, sopratutto se entrambi i genitori soffrono di allergia. Fattori ambientali ed alimentari possono, inoltre concorrere alla sua insorgenza.
L’eccessiva igiene aumenta il rischio di allergia perché il sistema immunitario si “allena” di meno al riconoscimento ed alla difesa contro microorganismi patogeni. Un ruolo importante, inoltre, è dato dall’allattamento al seno e dal corretto svezzamento.
E’ noto che uno svezzamento precoce e non graduale aumenta il rischio di sviluppare allergie.
Lo stile di vita alimentare ha un ruolo di primaria importanza.
QUALE’ LA DIETA DA SEGUIRE?
Per ottenere un miglioramento dei sintomi il gold standard è l’esclusione degli alimenti sospetti, seguita da una graduale reintroduzione nella dieta. Molto spesso é sufficiente una riduzione dell’alimento, piuttosto che la completa esclusione, per indurre il miglioramento dei sintomi.
Una valutazione dietetica dettagliata e personalizzata è il pass più importante. Con. Una dieta adeguata molto spesso i sintomi si risolvono entro 3-4 settimane. Gli alimenti andrebbero, poi reintrodotti sotto la guida dl nutrizionista, per individuare con precisione quali siano gli alimenti responsabili dell’induzione dei sintomi. In questo modo si individua il livello di intolleranza individuale.
Dott.ssa Cristina Mucci
Biologo Molecolare e Nutrizionista
Tel. 3923520444
Sito web: www.nutrizionistacristinamucci.it
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Pubblicato su LaRepubblica
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